Dott. Paolo Di Biagio | L'eterna storia del disagio giovanile nell'era di Internet.

In questo articolo, pubblicato sulla rivista scientifica di Psicologia 'Link', il Dottor Paolo Di Biagio, Psicologo-Psicoterapeuta del SERD di ASST di Pavia, espone le sue riflessioni in merito al fenomeno delle dipendenze patologiche e il suo evolversi nel tempo nell'era di Internet.

[…] L’idea che i “giovani di oggi” non hanno più valori, e che i bei tempi che furono i nostri – di noi adulti – sono miseramente finiti, sono distorsioni che la nostra psiche adulta, sazia di esperienza, produce solo perché non si riconosce più in una posizione esistenziale che era stata anche la sua, quando si era adolescenti, quando non si appariva adeguati agli occhi di chi allora era per noi l’”adulto”. Si potrebbe dire che “l’umanità entra in crisi ad ogni nuova generazione” (Gianni Gallino, 1972). […]

[…] L’evoluzione tecnologica ha reso reale il magico. Quello che è accaduto con l’informatizzazione delle conoscenze rappresenta una rivoluzione senza precedenti nella storia dell’umanità, e la possibilità di comunicare che si è attivata con l’avvento del digitale ha abbattuto ogni confine geografico, mettendoci in comunicazione con l’intero mondo, e le potenzialità di ogni singolo individuo di entrare sempre più in contatto con la collettività attraverso l’uso della rete informatica aumentano costantemente. […]

[…] Oggi si parla molto di hikikomori. Il fenomeno ha preso piede in Giappone, ma si è ormai affermato anche in Europa, in Italia, e credo ormai in tutti i paesi del mondo occidentale, e forse anche in tutti gli altri. Sembrerebbe che il clima estremamente competitivo delle società moderne, dove l’affermazione sociale è un target non negoziabile, dove si può essere solo “vincenti”, altrimenti si rischia di venire denigrati, spinga sempre di più gli adolescenti a rinunciare alla competizione.[…]

[…] Il prototipo leopardiano del ragazzo curvo sui libri, al lume di una candela, intento a leggere e studiare o a scrivere lettere ad amici lontani e versi ad un mondo al quale non sente di appartenere, viene oggi ad essere emulato dal liceale curvo sullo smarth phone, intento a seguire video di svariato tipo, o a giocare, o a chattare con una coetanea che non è emotivamente capace di invitare ad un vero incontro. Si potrebbe obiettare che Leopardi acquisiva conoscenza nel suo isolamento, ma non si può negare che gli adolescenti, nella loro dimensione di nativi digitali, conoscono molto meglio dei loro genitori il mondo informatico, e acquisiscono conoscenze differenti da quelle canoniche, classiche, delle generazioni precedenti. […]

[…] Il senso di questa osservazione sta nell’approcciare l’adolescente e la sua famiglia che chiedono un aiuto e un intervento per risolvere il loro disagio, con un lavoro euristico che consenta ad entrambi – adolescenti e genitori – di non considerare la difficoltà come dovuta ad un’impossibilità di comprensione reciproca determinata da mutazioni culturali e sociali. […]

 

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